Per l’Africa la Cina è sempre più vicina

Mentre il Mondo guarda con apprensione alla guerra tra Russia ed Ucraina, la Cina prosegue il suo progetto di penetrazione in Africa.

Il ministro degli esteri cinese Qin Gang, di recente nomina, si è incontrato martedì scorso con il primo ministro Abiy Ahmed e con Demeke Mekonnen, vice primo ministro e ministro degli esteri, nel suo primo viaggio all’estero, che lo porterà anche in Gabon, Angola, Benin e Egitto. Il ministro degli esteri non ha dimenticato di ricordare alcuni dei maggiori progetti realizzati prima del conflitto con il Tigray: la linea ferroviaria Addis Abeba-Gibuti e un’altra linea più leggera nella capitale; il progetto dell’area di “sviluppo verde” Riverside ad Addis Abeba, ha inoltre dichiarato la volontà della Cina di supportare gli sforzi per la ricostruzione delle aree colpite dalla guerra nelle regioni del nord. Il ministro Mekonnen, dal canto suo, ha dimostrato di apprezzare la posizione cinese ribadendo la volontà che i due paesi continuino a godere delle solide relazioni bilaterali costruite da lungo tempo.

Contrariamente a quello che si pensa, le relazioni sino-africane non nascono nel XXI secolo, ma sono il coronamento di un lungo rapporto diplomatico che affonda le sue radici nel processo di decolonizzazione. In effetti, nel corso della storia, le comunicazioni e il commercio indiretto tra Cina e Africa risalgono a più di 3mila anni, come dimostrano i resti di ceramiche cinesi scoperte in varie regioni sparse dell’Africa, come Timbuktu nel Sahel.

La moderna immigrazione dalla Cina all’Africa è sorta sotto Mao Zedong alla fine degli anni ’50. Durante questo periodo l’ideologia comunista di Mao condusse la Cina in Africa per motivi puramente politici, avendo come filo conduttore la solidarietà con i nuovi paesi indipendenti, molti dei quali furono ufficialmente riconosciuti dalla Repubblica Popolare Cinese. I cinesi rimarranno quindi alcuni mesi o addirittura diversi anni sul suolo africano lavorando in vari campi: agricoltura, tecnologia, infrastrutture sanitarie.

Da qualche decennio la natura dell’espansione cinese in Africa é diventata molto più complessa e articolata di quanto possa sembrare ad un primo sguardo.

E’ convinzione che la Cina cerchi negli Stati africani soprattutto materie prime, in effetti la presenza cinese è inferiore a quella degli Stati Uniti, circa il 28% del totale contro il 66% di quelli statunitensi. La Cina fa però molto affidamento per le importazioni petrolifere sull’Angola – fino al 2016 il principale fornitore di petrolio della Cina (ora superato da Russia e Arabia Saudita)

Pechino si espande sul continente soprattutto attraverso società di costruzione e scambi commerciali, cercando sul continente nuovi mercati per i propri prodotti in Stati molto popolosi come l’Etiopia o la Nigeria. Per continuare a svilupparsi, la Cina è alla disperata ricerca di nuovi mercati. E l’Africa, con le norme di salute e di sicurezza inesistenti nei confronti di merci scadenti e pericolose, è la destinazione perfetta. Il risultato è che il fatturato negli scambi tra Africa e Cina è salito dai £ 5 milioni ogni anno un decennio fa a £ 6 miliardi di oggi.

Luanda Angola – Nova Cidade de Kilamba

Come all’epoca del colonialismo la storia si ripete, con altri attori, ma con i medesimi risultati: gli africani, ora, sono diventati i camerieri dei cinesi.

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