Palestina-Israele: cronologia del conflitto

Alla fine del IX secolo, come risposta a nuove discriminazioni antisemite in Europa, nasceva il movimento sionista, che rivendicava il diritto del popolo ebraico all’autodeterminazione, e quindi ad avere un proprio stato. Il diritto all’autodeterminazione è riconosciuto nel diritto internazionale, ad esempio è citato nella Carta delle Nazioni Unite al Capitolo 1. Tuttavia, i suoi limiti sono definiti dal metodo con cui si esercita. Ilan Pappé, storico israeliano, professore all’Università di Exeter (UK), si esprime così sull’origine del conflitto israelo-palestinese: “Non mi risulta che qualcuno abbia mai messo in dubbio il diritto di un popolo a ridefinire sé stesso su base nazionale, etnica o culturale. Di certo non ci sono i margini per contestarlo nell’ambito del diritto e dell’etica internazionali […]. Il punto è un altro. Quale è il prezzo da pagare per questa metamorfosi, e chi lo deve pagare? Se questa ridefinizione avviene a spese di un altro popolo, allora sì che diventa un problema.”

Qui sotto, una cronologia sintetica del conflitto. In fondo vengono proposti alcuni spunti di approfondimento.

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Tra la fine del IX secolo e i rimi decenni del XX secolo migliaia di ebrei emigrano in Palestina dall’Europa.

1916 L’accordo di Sykes-Picot definisce le zone di influenza in Medio Oriente: la Gran Bretagna avrebbe controllato Iraq meridionale e Giordania. La Francia, Siria e Libano. La Palestina sotto amministrazione internazionale.

1917 Dichiarazione Balfour: il ministro degli esteri britannico dichiara che la Gran Bretagna sostiene la costituzione di un “focolare nazionale” per il popolo ebraico in Palestina e sostiene anche che “non si deve fare nulla che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina”.

1922 La Società delle Nazioni (l’antenata dell’ONU) conferisce alla Gran Bretagna il mandato sulla Palestina.

L’insofferenza della popolazione locale contro l’immigrazione ebraica si manifesta con mobilitazioni, sommosse e scontri.

1936 -1939 Grande rivolta palestinese. In tutto il Medio Oriente crescono i movimenti nazionalisti arabi antibritannici e antifrancesi. Ad aprile il neonato Alto Comitato Arabo, che rappresenta tutti i movimenti palestinesi, organizza uno sciopero generale e si moltiplicano le azioni di disobbedienza civile, le azioni di guerriglia e le manifestazioni di protesta contro le politiche britanniche sull’immigrazione ebraica. Nel 1937 il rapporto Peel di una commissione di inchiesta britannica propone un piano per la spartizione della Palestina in due stati: uno stato ebraico sulla parte nord-occidentale della Palestina e uno stato arabo che avrebbe compreso la Cisgiordania, Gaza e il Negev. Gerusalemme sarebbe rimasta sotto il controllo britannico. Il piano prevedeva anche uno scambio di popolazione. Sia i sionisti che i palestinesi respingono il progetto, la rivolta armata araba contro britannici e le colonie ebraiche si intensifica, il terrorismo sionista compie diverse azioni.

1939 le autorità britanniche pubblicano il Libro Bianco, documento che prevede una limitazione agli ingressi di ebrei in Palestina e all’acquisto di terra e la creazione di uno stato unico in cui le due parti condividono il governo del paese. Inizia la Seconda guerra mondiale.

La questione degli esuli ebrei scampati e sopravvissuti ai campi confligge con le politiche britanniche adottate dal Libro bianco e con l’opposizione araba al colonialismo ebraico.

Negli anni successivi si intensificano gli attacchi terroristici dei gruppi paramilitari sionisti sia contro arabi che contro inglesi.

1947 Il graduale disimpegno della Gran Bretagna porta alla risoluzione 181 delle Nazioni Unite in cui viene proposto un piano di spartizione: uno stato ebraico (circa il 55% del territorio), uno arabo-palestinese e, intorno a Gerusalemme, una zona a controllo internazionale. Nello stato ebraico così definito ci sarebbe stata la presenza di 500000 ebrei e 400000 palestinesi, in quello palestinese circa 800000 arabi e 10000 ebrei. A Gerusalemme 200000 persone metà ebrei, metà arabi. La risoluzione viene rifiutata dagli arabi e, seppure la maggioranza degli ebrei formalmente la accettarono, di fatto qualche mese dopo la violarono con la sottrazione di terre assegnate ai palestinesi. Si inaspriscono gli scontri.

Piano ONU del 1947(fonte: ISPI)

1948 A seguito della dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele, gli eserciti di Egitto, Transgiordania, Siria, invadono il neonato stato (prima guerra arabo-israeliana).

1949 Al termine del conflitto, il territorio israeliano si estendeva per quasi l’80% della Palestina e circa 700000 arabi palestinesi furono espulsi dalle proprie terre o fuggirono per sottrarsi alla guerra (Nakba). La ferita aperta della Nakba e la questione del ritorno ancora oggi rimangono centrali nelle dinamiche del conflitto mediorientale.

1949: alla fine del conflitto (fonte: ISPI)

Nel decennio successivo il Medioriente è teatro di uno scontro geopolitico tra potenze ex-coloniali e locali. Il ruolo di Stati Uniti e Unione Sovietica nella regione diventa sempre più importante.

1956 Seconda guerra arabo-israeliana: Il presidente Egiziano, promotore di una alleanza di tutti i paesi arabi contro il colonialismo, nazionalizza il canale di Suez, controllato da Francia e Gran Bretagna. Israele, Francia e Regno Unito invadono l’Egitto nella penisola del Sinai. Alla fine del conflitto viene confermata la nazionalizzazione del canale di Suez e Nasser ne esce rafforzato. Israele si conferma come potenza militare regionale.

1959 Yasser Arafat costituisce il movimento di liberazione nazionale palestinese: Al-Fatah.

1964 Nasce l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) che rappresenta i partiti e i gruppi armati palestinesi. Al-Fatah entra a far parte dell’OLP nel 1967 e ne prenderà il controllo.

1967 Guerra dei sei giorni: Israele occupa la Cisgiordania, la Striscia di Gaza, Gerusalemme Est, il Sinai e le alture del Golan, sconfiggendo gli eserciti di Egitto, Siria e Giordania. Migliaia di civili israeliani si trasferiscono in Cisgiordania, abitata da circa un milione di palestinesi. Gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono considerati una violazione del diritto internazionale dall’ONU. Con la risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si afferma il principio “pace in cambio dei territori”: ritiro di Israele dai territori occupati in cambio del riconoscimento della sovranità, integrità territoriale e indipendenza politica di ciascuno Stato della regione.

Alla fine della guerra dei sei giorni: il Sinai verrà restituito all’Egitto nel 1978 (fonte: BBC)

1973 Guerra dello Yom Kippur: Siria ed Egitto attaccano il territorio israeliano per riconquistare i territori persi con la guerra del 1967. A termine del conflitto il territorio di Israele non viene ridimensionato.

1978 Con gli accordi di Camp David, Israele restituisce il Sinai all’Egitto, il quale riconosce lo Stato di Israele.

Prima invasione del Libano da parte di Israele per contrastare le azioni dell’OLP ai confini settentrionali.

1982 Seconda invasione del Libano da parte di Israele e assedio di Beirut. L’OLP esce dal Libano. Nasce Hezbollah, un’organizzazione islamista di opposizione alle forze israeliane.

1987 Scoppia a Gaza e in Cisgiordania la prima Intifada: la popolazione palestinese organizza scioperi, manifestazioni, boicottaggi e forme di disobbedienza civile contro l’occupazione israeliana.

1988 L’OLP proclama lo Stato di Palestina, attualmente riconosciuto da 138 paesi membri dell’ONU.

1991 La conferenza di Madrid riunisce delegazioni israeliane, palestinesi e di diversi paesi arabi.

1993 La prima Intifada si conclude con gli accordi di Oslo, delineati sulla base della risoluzione 242: Israele e OLP si riconoscono come interlocutori per porre le basi di un possibile processo di pacificazione e riconciliazione. L’amministrazione temporanea di parte dei territori occupati nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania viene affidata all’Autorità Nazionale Palestinese. Restano fuori dall’accordo lo status di Gerusalemme, le questioni dei rifugiati palestinesi e degli insediamenti israeliani.

La Cisgiordania Dopo gli accordi di Oslo: area amministrativa A(controllo ANP); area B, a controllo misto; ’area C (controllo israeliano). (fonte: Internazionale)

1996 Dopo l’uccisione del primo ministro israeliano Rabin, l’estrema destra nazionalista e religiosa vince le elezioni in Israele: Netanyahu primo ministro. Le trattative di pace subiscono uno stallo, gli accordi di Oslo vengono disattesi.

Nel decennio che segue crescono movimenti pacifisti israeliani, e i palestinesi cominciano a chiedere con più forza il rispetto di diritti fondamentali. Molti analisti e intellettuali ripropongono l’idea dello stato binazionale come base per una soluzione del conflitto. Tuttavia questo approccio non viene mai preso in considerazione nelle trattative di pace.

2000 Scoppia la Seconda Intifada, molto più violenta della prima e che si protrarrà fino al 2005.

2002 Falliscono i negoziati di Camp David. La risoluzione 1397 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite traccia la soluzione a due stati che coesistano fianco a fianco, con confini sicuri e riconosciuti. Le risoluzioni 1402 e 1403 chiedono il ritiro delle truppe israeliane dalle città occupate in Cisgiordania.

Israele inizia la costruzione del muro in Cisgiordania: per Israele è una barriera difensiva contro il terrorismo, per i palestinesi è uno strumento delle politiche israeliane di apartheid.

2003 La Road Map presentata da Russia, Stati Uniti, Unione Europea e ONU segna un percorso per la risoluzione del conflitto basata sulla creazione di due Stati indipendenti.

2005 Israele si ritira da Gaza lasciandola sotto il controllo dell’ANP.

2006 Elezioni palestinesi: vince il movimento estremista islamico Hamas. Hamas e Fatah entrano in conflitto. Hamas prende il controllo della Striscia di Gaza, Fatah governa la Cisgiordania.

2007 Inizio dell’embargo su Gaza di Israele ed Egitto, che, da allora, regolano l’ingresso di energia, acqua, beni materiali e medicine. Si intende così fermare l’approvvigionamento di armi da parte di Hamas. L’embargo ha un impatto devastante sulla popolazione civile.

Negli anni successivi, in risposta agli attacchi di Hamas, Israele attacca il territorio della Striscia di Gaza con pesanti offensive militari.

2018 Importanti manifestazioni e proteste nella Striscia di Gaza contro il blocco e la negazione di diritti fondamentali.

2020 Gli accordi di Abramo intendono normalizzare i rapporti tra Israele e Paesi arabi.

2021 La crisi sfocia con lanci di razzi di Hamas su Gerusalemme e in una campagna di 11 giorni di bombardamenti di Israele nella Striscia di Gaza.

2022 Inasprimento delle politiche di occupazione e delle azioni militari di Israele su Cisgiordania e Gaza.

2023 Scontri tra Israele e Jihad Islamica a Gaza. Attacco di Hamas a Israele, assedio di Gaza, inizio della guerra di Israele contro Hamas. Crisi umanitaria senza precedenti: l’80% degli abitanti della Striscia costretti a lasciare la propria casa. Accesso al cibo, all’acqua e alle cure mediche compromessi.

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Alain Gresh, “Israele, Palestina”, Einaudi, 2002

Noam Chomsky, Ilan Pappé, “Palestina e Israele: che fare?”, Fazi Editore, 2015

Guerra grande in terra santa, Limes, 10/2023

Lorenzo Kamel, “A 76 anni dalla partizione della Palestina”, Rivista Il Mulino, 27 novembre 2023

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